La lite con il figlio per i disegni, Libeskind va a processo a Milano

Il progettista americano aveva concesso 102 suoi bozzetti, poi il dietrofront

Sull’intersezione di due o più linee ha fondato, sin dal Museo Ebraico di Berlino nel 1988, la propria cifra stilistica di nume contemporaneo dell’architettura decostrutti- vista: ma proprio a (parecchio turbolenta) intersezione di al- tre due linee, quelle intrafamiliari tra lui e suo figlio Lev, fa sì che Daniel Libeskind, 77enne archistar polacco naturalizzato statunitense e residente a New York, sia ieri rinviato a giudizio in Tribunale a Milano. Il progettista della ricostruzione del World Trade Center a New York, o di una delle torri-grattacielo («il Curvo») del nuovo quartiere Citylife a Milano, sarà processato, a partire dal prossimo 21 dicembre, per l’ipotesi di reato di «appropriazione indebita nel luglio 2020 di 102 bozzetti da lui realizzati, e da considerare (secondo il progetto di accordo professionale sottoscritto il 9 febbraio 2013) di proprietà della società Libeskind Design srl con sede a Milano»: che fino al 2016 era del figlio, e che oggi, quasi non più attiva, è invece della moglie del figlio, e lamenta 7 milioni e mezzo di danni.
La storia è intricata per l’evidente sottofondo di attriti personali tra padre e figlio. Tutto inizia quando nel febbraio 2013 Lev Libeskind, costituendo a Milano una società con tutte le figure professionali necessarie a sviluppare progetti urbanistici, fa un patto con Daniel Libeskind, che lo vive come un modo per dare una mano a Lev: il figlio troverà commesse in giro per il mondo, in cambio del fatto che il padre, ricevendo un fisso di 100.000 euro l’anno e il 10% del fatturato, nello sviluppo dei progetti conceda alla società il diritto esclusivo di utilizzare e sfruttare economicamente un elenco di propri schizzi, disegni, progetti sotto il marchio «designed by Daniel Libeskind».
Nel 2016, però, il fragile equilibrio familiare si sfascia: secondo il padre per intemperanze del figlio che lo renderebbero ingestibile sul lavoro, secondo il figlio perché il padre punterebbe ad assicurarsi la torta intera (anziché solo percentuali) su grosse com- messe all’orizzonte del figlio, come la stazione ferroviaria di Nizza o «il Curvo» grattacielo di Milano.
Sta di fatto che Daniel Libeskind prima preme per l’uscita del figlio dalla società mila- nese «Libeskind Design srl» (comprata dalla moglie con la quale in quel momento il suo- cero ha rapporti migliori); e poi comunica ai clienti il taglio totale dei rapporti di lavoro con la ex società del figlio, indirizzandoli a rapportarsi solo con il proprio studio «Daniel Libeskind Architect LLC» di New York.
La ex società del figlio esige allora la restituzione dei 102 bozzetti del padre (83 cartacei e gli altri digitali) al centro del contratto del 2013: ciascuno già in sé (proprio come le opere di un grande artista) ha un valore da 10.000 a 150.000 euro, e comunque la società lamenta danni e mancati gua- dagni per almeno 7 milioni di euro. Il Tribunale civile di Milano nel maggio 2020 ordina al padre di dare i bozzetti alla «Libeskind Design srl», la quale — vedendone riconsegnati solo 31, ed altri invece ancora utilizzati ad esempio per la Torre di Vilnius da Libeskind padre — promuove innanzi al Tribunale delle imprese una causa per concorrenza sleale, tutt’ora pendente, e in sede penale con i legali Massimo Longo-Andrea Barelli-Emanuela Cappuccini denuncia Daniel Libeskind per appropriazione indebita.
Persino qui la storia ha un iter contorto: il pm Stefano Civardi chiede l’archiviazione per mancanza del dolo, il gip Luca Milani respinge l’archiviazione e ordina alla Procura di formulare l’imputazione, ieri al vaglio della giudice Lorenza Pasquinelli in un’udienza preliminare dove a soste- nere l’accusa è la pm Marina Petruzzella. La giudice opta per il rinvio a giudizio di Libeskind, il cui difensore Giuseppe Iannaccone ora commenta: «Il padre generosamente ha fatto di tutto per aiutare il proprio figliolo nella sua carriera professionale. E ne è uscito denunciato».

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