Contributo per l’asilo nido – L’Inps prova a fare chiarezza

La legge di Bilancio 2024 ha introdotto una serie di misure a sostegno dell’occupazione, volte ad incentivare l’assunzione di lavoratori e lavoratrici la cui situazione personale possa essere considerata in qualche modo “critica” rispetto al loro ingresso nel mondo del lavoro.

Viviamo in un periodo di forti contraddizioni, ove al fianco di sempre più frequenti prese di posizione pubbliche e private volte a limitare fino ad eliminare qualsiasi forma di discriminazione, purtroppo nella pratica si caratterizza ancora per forme di strisciante valorizzazione – aimhè – proprio di tali situazioni personali, onde costruire un sistema di pregiudizi che si traduce nel risultato esattamente opposto, ossia la limitazione di fatto al lavoro. Per tale motivo, lo Stato – che ha evidentemente abbracciato la causa della “non discriminazione di genere” – ha nuovamente inserito nella legge di bilancio il cosiddetto “bonus asili nido”, già presente in precedenti provvedimenti normativi, innalzando il valore del relativo contributo. La questione è stata di recente normata nel dettaglio dal messaggio Inps n. 1024 del 11 marzo 2024 che in particolare disciplina i requisiti per accedere alla prestazione; le modalità per la presentazione delle domande; la documentazione da allegare; gli importi del contributo, in base al valore dell’Isee minorenni presentato.

Il “bonus” in questione è di fatto un contributo economico di valore non superiore a 3.600,00 euro annui, per i genitori di bambini nati nel 2024 o affidatari del minore stesso i quali, anche in presenza di un secondo figlio, purché di età inferiore a 10 anni, possono richiedere all’Inps nelle modalità ed alle condizioni presenti nel citato messaggio. Il contributo sarà calcolato sulla base del reddito familiare e dunque sarà pari a:

  • un massimo di 3.000 euro (dieci rate da 272,73 euro e una da 272,70 euro) con Isee minorenni in corso di validità fino a 25.000,99 euro;
  • un massimo di 2.500 euro (dieci rate da 227,27 euro e una da 227,30 euro) con Isee minorenni da 25.001 euro fino a 40.000 euro;
  • un massimo di 1.500 euro (dieci rate da 136,37 euro e una da 136,30 euro) nelle seguenti ipotesi: Isee minorenni oltre la predetta soglia di 40.000 euro, assenza di Isee minorenni, Isee con omissioni e/o difformità dei dati del patrimonio mobiliare e/o dei dati reddituali autodichiarati, Isee discordante, Isee minorenni non calcolabile.

Per la richiesta, nella misura massima di euro 3.600,00 del contributo, sono necessari:

  • la presenza di figli nati dopo il 1° gennaio 2024;
  • un nucleo familiare composto da almeno un altro figlio con età inferiore ai 10 anni;
  • il valore Isee non superiore ad euro 40.000,00.

L’istanza dovrà essere presentata dal genitore che di fatto provvederà al pagamento della somma relativa al supporto nell’assistenza del minore. La formulazione poc’anzi non è stata utilizzata per caso, ma per meglio precisare che il contributo in questione non dovrà necessariamente essere utilizzato per il pagamento di rette di asilo-nido pubblico o privato, ma potrà essere impiegato anche per altre forme di assistenza domiciliare, quale ad esempio l’impiego di una baby sitter in favore di bambini con meno di tre anni, affetti da gravi patologie croniche. Resta inteso che il contributo non potrà eccedere la spesa effettivamente sostenuta e rimasta a carico del genitore e potrà coprire le effettive mensilità per cui viene utilizzato il supporto in questione, fino ad un massimo di 11 nell’anno. Il contributo potrà essere richiesto esclusivamente in modalità telematica, mediante accesso al Portale Inps o con l’assistenza di un patronato ed i pagamenti avranno luogo a decorrere dal 2 aprile 2024. La misura in questione, dunque, ha come scopo di agevolare la genitorialità e – di fatto – la difficile relazione tra quest’ultima ed il mondo del lavoro, consentendo – nel rispetto del periodo di astensione obbligatoria – una ripresa in qualche modo “agevolata” del lavoro mediante un aiuto al genitore lavoratore in quelle che spesso sono le ingenti spese che caratterizzano i servizi in questione.

L’auspicio è, dunque, che il contributo in parola possa costituire un valido supporto per ridurre sempre di più la possibile differenza di trattamento tra lavoratore e genitore lavoratore.

Massimo Longo è avvocato dello Studio Legale Associato Longo & Barell

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